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Camera dei Deputati, 15 gennaio 2004
I DIRITTI UMANI E LE LIBERTA’ FONDAMENTALI IN CECENIA
Intervento di Marco Boato cofirmatario dell’interpellanza Filippo Mancuso n. 2-00997 sulla
“Posizione del Governo italiano in riferimento alla situazione in Cecenia sotto il profilo dei diritti umani
e delle libertà fondamentali"
Stenografico Aula in corso di seduta n. 407 del 15/1/2004

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare l'interpellanza Filippo Mancuso n. 2-00997 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4), di cui è cofirmatario.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, anche a nome del primo firmatario, il collega Filippo Mancuso, e dell'altro cofirmatario, il collega Pisicchio, vorrei illustrare questa interpellanza che riguarda la singolare situazione in cui si è venuto a trovare il nostro paese in relazione alle drammatiche e tragiche vicende della Cecenia dopo l'altrettanto singolare - ahimè - conferenza stampa del nostro Presidente del Consiglio Berlusconi, tenutasi congiuntamente con il Presidente della Federazione russa Putin e svoltasi il 6 novembre 2003, con riferimento alla situazione della Cecenia.

Signor rappresentante del Governo, nella nostra interpellanza io ed i colleghi (l'onorevole Mancuso si scusa di non essere presente, essendo per lui impossibile partecipare ai lavori dell'aula questa mattina) saremo potuti partire, nelle premesse, dalla citazione dell'amplissima documentazione che esiste, a livello del Parlamento europeo e del Consiglio d'Europa in relazione alla tragica situazione di violazione dei diritti umani in Cecenia, ad esempio. Avremmo potuto citare anche la recente risoluzione del Parlamento europeo, che è molto molto rigorosa nel condannare qualunque forma di terrorismo (e ed essa ci associamo pienamente) e, al tempo stesso, rigorosissima nel condannare la violazione sistematica dei diritti umani da parte della Federazione russa in Cecenia.

Signor rappresentante del Governo, avremmo potuto citare l'amplissima documentazione che in questi anni ci ha fornito il partito radicale transnazionale, in particolare attraverso le iniziative di Olivier Dupuis, che sono conosciute in tutta Europa e, ormai, anche in tutto il mondo in relazione alla Cecenia.

Avremmo potuto riferire anche le piccole denunce che giungono da una cella del carcere di Pisa riguardo alla drammatica situazione in Cecenia e che sistematicamente vengono fatte conoscere attraverso gli scritti e le parole del detenuto Adriano Sofri, che in Cecenia è più volte intervenuto proprio per tentare di far rispettare i diritti umani e che della Cecenia, anche dalla sua cella nel carcere di Pisa, da sette anni, continua in modo appassionato ad interessarsi. Tuttavia, non abbiamo fatto nulla di tutto questo.

Mi farebbe piacere poter interloquire con il rappresentante del Governo, per evitare di ridurre tutto ad un rito inutile (ed io non tengo ai riti, tantomeno a quelli inutili). Mi permetta di continuare un dialogo che è stato aperto con lei ieri in quest'aula. So che c'è un foglio di carta scritto che lei dovrà leggere...

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Ma è personale...

MARCO BOATO. ...ma, almeno, ponete in essere la messa in scena di credere a ciò che stiamo facendo! Io ci credo.

Non abbiamo citato nulla di tutto ciò che ho poco fa sinteticamente evocato. Nella nostra interpellanza, che abbiamo presentato il 2 dicembre scorso (e che, pur essendo urgente, a causa anche della legge finanziaria e della pausa natalizia, viene svolta con un po' di ritardo) siamo partiti dal contenuto di un'interrogazione a risposta in Commissione affari esteri di un collega della Casa delle libertà, ossia del centrodestra (cui, peraltro, appartiene anche il primo firmatario di questa interpellanza). Io appartengo al centrosinistra, ma sul tema dei diritti umani riteniamo che vi debba essere un'assoluta trasversalità in Parlamento e non solo.

Come dicevo, siamo partiti dal contenuto di un'interrogazione, presentata il 13 ottobre 2003, del collega Gennaro Malgieri, che appartiene alla Casa delle libertà, che è un esponente di Alleanza nazionale e che è anche il direttore dell'organo di Alleanza nazionale Il Secolo d'Italia.

In tale interrogazione il collega Malgieri afferma, fra l'altro, testualmente che dal 1994, quando sono iniziate le ostilità tra l'esercito russo e gli indipendentisti, in Cecenia sono morti 200 mila civili e circa 300 mila sono stati costretti alla fuga verso i campi profughi ceceni o della vicina Ingushetsia.

Le organizzazioni non governative internazionali denunciano da anni la mancanza di trasparenza da parte delle autorità russe sulla reale entità delle operazioni militari e sulle vere condizioni in cui versa la stremata popolazione civile, sia quella che tra mille stenti ha abbandonato la propria casa sia quella costretta a riparare nei campi profughi. Le autorità russe non hanno offerto collaborazione nella ricerca degli autori della morte del giornalista Antonio Russo, - che anch'io ricordo con commozione ancora oggi e che è stato assassinato proprio in relazione alle sue indagini per Radio radicale in Cecenia - e del rapimento nel 2002 del capo missione di Medici senza frontiere, Aryan Erkel.

Si dice ancora nell'interrogazione presentata dal collega Malgieri che il 5 ottobre si sono svolte in Cecenia elezioni presidenziali non democratiche - tanto che l'Osce ed il Consiglio d'Europa si sono rifiutati di inviare osservatori - caratterizzate da un clima di intimazione che, alla pari di quelle del 2000, hanno visto in campo un unico candidato appoggiato da Mosca. La mancata tutela dei diritti umani della popolazione civile deriva, oltre che dalla crudeltà del conflitto in atto, anche dalla mancanza di qualunque dialettica politica.

Fin qui, in sintesi, abbiamo citato, proprio per evitare qualunque strumentalizzazione politica, ciò che dice un autorevole esponente del centrodestra, in relazione alla sistematica violazione dei diritti umani e politici. Abbiamo anche citato, signor rappresentante del Governo, nella nostra interpellanza urgente, ciò che, e ne diamo atto positivamente, il successivo 28 ottobre 2003, il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, il collega Baccini, aveva risposto all'interrogazione presentata dal collega Malgieri. In questa risposta del 28 ottobre, si dice testualmente, - mi limito a leggere rapidamente in sintesi -, che la situazione in Cecenia, sotto il profilo della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, continua a formare oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia e degli altri partner comunitari. Si dice inoltre che a seguito delle elezioni presidenziali cecene dello scorso ottobre, la Presidenza italiana dell'Unione europea ha espresso, a nome di tutti i partner, la sua preoccupazione per le condizioni in cui si è svolta la consultazione elettorale.

Si dice inoltre che «l'Unione europea ha manifestato in particolare preoccupazione per le segnalazioni di costanti violazioni dei diritti umani e ha chiesto alle autorità russe di indagare e perseguire i responsabili. Inoltre, «anche sul piano bilaterale, il Governo italiano ha reso noto alle autorità russe, in svariate occasioni ed a tutti i livelli, l'estrema attenzione con cui seguiamo l'evolversi della situazione in Cecenia».

Si auspica poi il rispetto dei diritti umani e quant'altro. Si aggiunge che in ambito comunitario è stata accolta positivamente l'opportunità offerta dal Governo al signor Francis Deng - rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per gli sfollati -, di visitare i campi profughi dell'Ingushetsia, la cui situazione desta notevole preoccupazione. Sin qui abbiamo una fotografia recentissima, - siamo in ottobre -, data da uno strumento di sindacato ispettivo presentato dal centrodestra, e da una risposta più sfumata, diplomatica, come sempre succede, da parte del rappresentante del Governo, che esprime preoccupazione e dimostra attenzione nei confronti della violazione dei diritti umani, soffermandosi anche sulle condizioni in cui si è svolta la consultazione elettorale in nome dell'Unione europea. Dopo questo, e siamo al 6 novembre, esattamente otto giorni dopo la risposta del Governo in Commissione, si è svolto il vertice UE tra il Presidente Berlusconi e il presidente Putin a Roma: ricordo che un giornalista di Le Monde, Laurent Zechini rivolse una domanda sulla situazione interna della Cecenia. Per inciso, faccio presente che anche in occasione dell'incontro del Presidente della Camera Casini con il ministro russo Ivanov, tenutosi lo scorso anno in questo ramo del Parlamento, ho rivolto, al ministro russo, nel corso del cordiale colloquio che si è svolto, una domanda sulla Cecenia.

Come sempre accade - ed è giusto che accada - nessuno dimentica la Cecenia. Il Presidente Berlusconi inopinatamente zittisce, addirittura con un gesto della mano (abbiamo visto tutti le immagini televisive), il Presidente Putin e, sostanzialmente, smentisce che vi sia qualunque violazione dei diritti umani affermando che ci sono realtà che anche in Italia come all'estero vengono spesso distorte dalla stampa e che si tratta di una «piccola Repubblica cui è stata data la possibilità di fare elezioni democratiche, democraticamente svolte». Il Presidente del Consiglio Berlusconi, forse travolto dall'afflato umano dei suoi rapporti con Putin - che tali rapporti siano buoni a me non crea nessun turbamento - smentisce in pochi secondi la linea dell'Unione europea, della Commissione europea, del Consiglio d'Europa, dell'Organizzazione delle Nazioni Uniti e dello stesso Governo italiano in materia di violazione dei diritti umani e politici in Cecenia.

Ovviamente, tale situazione ha creato reazioni molto pesanti il giorno dopo: tra gli altri, Il Corriere della Sera, la Repubblica, Europa ed anche Il Giornale riportano le preoccupazioni e lo sdegno registratisi a livello europeo. Lo stesso giorno 6 novembre vi è stata una smentita della Commissione europea rispetto alla posizione espressa dal Presidente Berlusconi. Pochi giorni dopo, il 17 novembre, la conferenza plenaria dei ministri degli affari esteri, con l'imbarazzo che posso comprendere del ministro Frattini, ha denunciato come infondate le dichiarazioni del Presidente Berlusconi sulla Cecenia. Il Parlamento europeo ha votato una risoluzione con la quale si «deplorano le dichiarazioni fatte dal Presidente di turno del Consiglio europeo alla fine del vertice Unione europea-Russia, quando ha espresso il suo appoggio alla posizione del Governo russo circa la situazione dei diritti umani in Cecenia e lo stato della democrazia nella Federazione russa».

Si tratta di una piccola catastrofe politica e diplomatica dovuta, forse, all'impeto, all'amicizia, alla solidarietà umana ed ai rapporti familiari che, da quanto si legge, si sono anche intrecciati. Tutto questo non è negativo e non lo denuncio affatto: si può essere amici, avere rapporti di collaborazione, di fiducia, ospitare le figlie del Presidente Putin nella propria residenza. Tutto ciò si può fare, ma si deve mantenere il rigore nelle posizioni politiche e nel ruolo (che fino a pochi giorni fa l'Italia aveva) di Presidente di turno dell'Unione europea, nonché il rispetto delle deliberazioni del Parlamento europeo e delle posizioni della Commissione europea e del Consiglio europeo, che sono diametralmente opposte a quelle manifestate in tale circostanza sulla Cecenia dal Presidente Berlusconi.

Ovviamente, non stiamo parlando di un fatto irrilevante. Il collega Malgieri, che ho citato prima, ricorda le cifre spaventose del massacro dei diritti umani in Cecenia: centinaia di migliaia di profughi e centinaia di migliaia di assassinati. Si tratta di una piccola popolazione certo attraversata anche da un fenomeno terroristico che il Parlamento europeo condanna e che tutti noi condanniamo. Tuttavia, è una situazione terribile di massacro dei diritti umani, civili, politici e della vita delle persone. Questo a noi francamente ha lasciato sconcertati.

PRESIDENTE. Onorevole Boato...

MARCO BOATO. Concludo l'illustrazione, signor Presidente.

Ho usato, nella fermezza dei contenuti, toni pacati perché si tratta di una situazione che ci ha perfino amareggiato. Il collega Mancuso fa parte del centrodestra ed io faccio parte del centrosinistra, ma finché il Presidente del Consiglio ha un certo ruolo sul piano internazionale, egli rappresenta l'Italia. Il fatto che l'Italia, in tale vicenda, sia stata così male rappresentata ci ha creato una grande sofferenza non solo rispetto a noi stessi, che sarebbe poca cosa, ma rispetto alla violazione dei diritti umani in Cecenia che è stata con poche parole cancellata ed ignorata.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, senatore Ventucci, ha facoltà di rispondere.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Ringrazio l'onorevole Boato per la chiarezza e la pacatezza della sua puntuale illustrazione dell'interpellanza, a prima firma dell'onorevole Filippo Mancuso.

Nel trattare il tema dell'atteggiamento dell'Italia di fronte al problema ceceno, appare fondamentale sottolineare il principio della condivisione di valori tra l'Unione europea e la Federazione russa. Lei, onorevole Boato, mi scuserà, ma generalmente i sottosegretari riferiscono sulla base degli appunti preparati dai tecnici dei vari ministeri, dato che le interpellanze e le interrogazioni sono di carattere tecnico. Con riferimento, invece, a questa interpellanza, che riguarda principi fondamentali, l'appunto lo abbiamo scritto noi, proprio per non creare altri equivoci, perché ciò sarebbe veramente deprecabile.

Il nostro Governo ha sempre considerato prioritaria la condivisione di tali valori per favorire un conseguente avvicinamento dei comportamenti russi ai principi che nel resto d'Europa sono radicati da secoli, ma che in tale grande paese sono stati violentemente negati per generazioni. La nostra azione, pertanto, è volta al superamento della contraddizione esistente tra la natura europea della Russia e il suo difficile passato e cerchiamo di conciliare i russi con la propria storia e con l'Europa. In tal senso l'impegno del Presidente Putin corrisponde al nostro e per questo motivo riteniamo che gli incoraggiamenti, anche pubblici, accompagnati da un'azione di monitoraggio e di consiglio, nel rispetto della sovranità, siano il modo migliore per affermare quei principi, primo fra tutti la difesa e la promozione dei diritti umani, che stanno a cuore a noi tutti e sono anzi un aspetto qualificante dell'azione internazionale del nostro Governo.

Riteniamo che una tale azione debba compiersi con lungimiranza ed equilibrio, senza ipocrisie o manicheismi. Occorre, quindi, che siano rimarcate le inadeguatezze delle autorità sotto il profilo dei diritti umani, ma bisogna anche pubblicamente riconoscere i progressi compiuti, oltre che denunciare le efferatezze del terrorismo; una piaga che, non dobbiamo mai dimenticarlo, colpisce in primo luogo proprio i diritti umani, il diritto alla vita dei civili innocenti che ne sono vittime, quelli alla libertà e allo sviluppo delle comunità che devono poter crescere senza essere condizionate dal terrore.

Ebbene, il problema ceceno è largamente condizionato dal terrorismo, del quale sarebbe miope ignorare le connessioni internazionali, che colpisce in primo luogo la popolazione cecena, ma che ha mietuto numerosissime vittime anche a Mosca. Ne consegue che la lotta al terrorismo internazionale è oggi una priorità assoluta per l'Italia e la comunità internazionale, poiché si tratta di difendere la nostra civiltà con i valori che essa incarna, tra i quali appunto figura in primo luogo quello dei diritti umani e ciò è profondamente coerente con il nostro impegno e con i nostri obblighi europei.

L'Italia ha, purtroppo, una lunga storia di lotta al terrorismo e nella comunità internazionale abbiamo sempre sostenuto la necessità di sviluppare tale impegno prioritario, senza tradire i nostri valori. Lo ha detto chiaramente il Presidente del Consiglio intervenendo, a nome dell'Unione europea, nello scorso settembre, all'Assemblea generale dell'ONU, quando ha sottolineato come la fermezza nel liberare le attuali e le future generazioni dal virus del terrorismo richieda anche il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali, dello Stato di diritto e del diritto umanitario e tale impegno lo si traduce in fatti coerenti, come francamente ribadito in ogni occasione di incontro con i russi.

Una conoscenza della storia russa, della difficile evoluzione di questo grande paese e delle cause e degli effetti del terrorismo internazionale ci impongono comportamenti equilibrati. Per questo motivo appare importante modulare gli incoraggiamenti ed i riconoscimenti pubblici per i progressi effettivamente compiuti dalla Russia di Putin, accompagnandoli ad esortazioni, anche franche, che si possono rivolgere nel modo più efficace soprattutto nei colloqui diplomatici; questo è ciò che è stato fatto a Roma nello scorso novembre. Dovremmo considerare con equilibrio gli interessi diplomatici, ma più in generale politici ed anche e soprattutto umani, che ci inducono ad impegnare la Russia con una politica di franchezza e di amicizia. Sono, infatti, evidenti le conseguenze per tutta l'Europa ed anche per gli equilibri geostrategici mondiali di una crescita nella stabilità del gigante euroasiatico. In tale contesto assume un rilievo fondamentale il cruciale fronte del Caucaso: lo sviluppo dell'instabilità in quell'area può contribuire alla crescita del terrorismo internazionale, che non può trovare alcuna sorta di giustificazione, neanche indiretta, e può portare instabilità in tutta la Russia, con le gravi conseguenze, anche per i diritti umani, che tali dinamiche dovrebbero averci insegnato dopo le esperienze balcaniche degli anni novanta.

Posso, quindi, confermare che l'Italia è fortemente impegnata nell'individuazione di una soluzione negoziata della crisi cecena, che tale tema è sistematicamente posto all'ordine del giorno degli incontri bilaterali che si succedono a ritmo cadenzato e che proprio il rapporto privilegiato che unisce le due capitali ed i due presidenti, come lei ha sottolineato, ci autorizza a sollevare con particolare autorevolezza l'argomento con gli interlocutori russi.

Certo, così facendo, l'Italia è sensibile, al tempo stesso, alle preoccupazioni di sicurezza avanzate dal Governo di Mosca ed alla volontà di contrastare nella regione caucasica il fenomeno del terrorismo.

Le elezioni presidenziali che, nella primavera scorsa hanno condotto all'affermazione del candidato filo-russo Kadyrov, possono essersi svolte in condizioni di non perfetta regolarità, ma è difficilmente sostenibile negare un chiaro orientamento della popolazione cecena di fronte ad un risultato (circa l'80 per cento dei voti) ampiamente favorevole al candidato più che al programma di autonomia previsto dal Governo di Mosca.

Ciò testimonia se non altro la volontà della grande maggioranza della popolazione cecena di ritrovare normali condizioni di vita. Il sempre maggior coinvolgimento nell'amministrazione della regione di esponenti locali, rappresentanti di tutte le espressioni politiche e con la sola esclusione di terroristi, è stata da noi frequentemente evidenziata agli interlocutori russi come priorità da perseguire.

Va poi considerata l'indiscriminata attività terroristica che colpisce ugualmente militari e civili. Il treno fatto parzialmente deragliare qualche settimana fa in territorio russo da un'azione di commando ceceno trasportava in massima parte operai e studenti ed è solo un esempio che, insieme alla talvolta eccessiva reazione russa, deve creare l'occasione per portarci a riflettere sull'evoluzione del concetto di giustizia che vieppiù si fa razionale e meno tradizionale, smettendo di legittimare la privilegiata supremazia dei forti per incominciare a rivendicare la tutela dei deboli.

Lei, onorevole Boato, mi perdonerà il riferimento classico a Dike e Themis, ma è sempre più attuale, capovolgendosi continuamente il rapporto di forza dall'uno all'altro di chi contende, ritenendo di essere nel giusto.

Per quanto specificatamente riguarda il vertice Unione europea-Federazione russa, esso ha rappresentato uno degli appuntamenti più rilevanti del semestre nel campo delle relazioni dell'Unione con i paesi terzi, in ragione della valenza strategica del rapporto Unione europea-Russia.

La dichiarazione congiunta, finalizzata nel corso di un laborioso negoziato tra la federazione russa, da una parte, e Presidenza, Commissione e Segretariato dell'Unione europea, dall'altro, ed emessa a conclusione del vertice, rappresenta il frutto di un delicato compromesso tra le istanze di molti Stati membri, che volevano espliciti riferimenti a tutte le questioni controverse, e la richiesta russa di avere una dichiarazione molto snella che si limitasse ad evidenziare gli aspetti positivi della collaborazione.

Ciò che conta è il rilievo prioritario che in tale dichiarazione, così come in quella adottata nel vertice bilaterale svoltosi con la Russia negli stessi giorni, viene attribuito ai valori comuni. Questo risultato, che rappresenta l'aggancio fondamentale della Russia all'Europa, non va sottovalutato ed è parte di un paziente lavoro che l'Italia sta svolgendo da tempo ed i cui risultati vengono ormai riconosciuti dai fatti in termini di progressivo e sostanziale avvicinamento della Russia all'Europa lungo un percorso non facile.

Tutte le questioni previste all'ordine del giorno sono state affrontate nei colloqui con il presidente Putin e ciò vale anche per quanto riguarda la situazione in Cecenia, la questione della ratifica del protocollo di Kyoto, il problema della Moldova e Transnistria e le implicazioni delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto la Yukos.

In particolare, per quanto riguarda la Cecenia, non solo la questione è stata evocata, ma alla discussione su questo punto è stato dedicato ampio spazio. Lo stesso presidente Putin nella conferenza stampa a Villa Madama ha pubblicamente sottolineato come nel corso della riunione plenaria Unione europea-Russia sia stato proprio il Presidente Berlusconi ad impegnarlo nel modo più puntuale sul tema della Cecenia con «domande scomode e dubbi».

In effetti, proprio su richiesta della Presidenza dell'Unione europea, Putin ha illustrato gli sforzi di Mosca per avviare un percorso di ricostruzione politica ed istituzionale in Cecenia, attraverso i referendum, l'amnistia e le elezioni ed ha invitato i rappresentanti europei a visitare la regione.

Da parte nostra, abbiamo manifestato solidarietà alla lotta contro il terrorismo ed il sostegno ad una riforma costituzionale che coinvolga segmenti sempre più ampi della popolazione cecena. Al tempo stesso, non abbiamo mancato di rilevare le nostre perplessità a fronte di situazioni elettorali apparse non in linea con gli standard occidentali e abbiamo vivamente auspicato che, in parallelo con il processo di riforma costituzionale, migliorino gli standard dei diritti umani ed il rapporto fra la popolazione cecena e i suoi amministratori.

In particolare, abbiamo insistito sulla necessità che gli aiuti umanitari internazionali raggiungano le popolazioni destinatarie degli stessi e che nessun rifugiato ceceno nelle regioni limitrofe sia forzato a ritornare in Cecenia. Abbiamo rinnovato l'appello perché si faccia tutto il possibile per affrettare il rilascio del rappresentante dei Medici senza frontiere, Aryan Erkel, rapito nel Caucaso nel agosto 2002, auspicando l'apertura di un ufficio europeo per gli aiuti umanitari nell'area e il Presidente Putin ha suggerito che esso fosse situato nella stessa Cecenia per la cui sicurezza egli si faceva garante.

L'incontro ha quindi permesso all'Unione europea di confermare la convinzione che la sicurezza sia complementare alla giustizia ed al rispetto dei diritti umani e che la partnership strategica tra l'Unione europea e la Russia si basi sempre sulla condivisione di valori quali la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, la libertà di espressione.

Vorrei aggiungere che, nell'ambito dello Spazio comune di sicurezza esterna, la Dichiarazione comune sulla cooperazione nel campo della gestione delle crisi costituisce un segnale importante della volontà dell'Unione europea e della Federazione russa di lavorare insieme in un settore di vitale interesse per l'Europa.

Credo che anche questo vada registrato come un risultato positivo del vertice di Roma, nel quadro della realizzazione dello Spazio comune di sicurezza esterna, ed analoga cooperazione sarà approfondita, nel contesto degli appositi organismi multilaterali, nel settore delle armi di distruzione di massa.

In conclusione, credo di poter affermare che il vertice di Roma abbia costituito un momento non facile, ma importante, nel rafforzamento del nostro rapporto complessivo con la Federazione russa, consentendo di registrare progressi significativi e rappresentando un'occasione preziosa per un proficuo ed approfondito scambio di vedute sui temi dell'attualità internazionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, ho ascoltato con grandissima attenzione la risposta fornita dal sottosegretario Ventucci e devo anche dare atto - lei sa che cerco sempre di essere intellettualmente leale, oltre che politicamente, spero - che, per fortuna, non si tratta di una risposta banale e rituale.

Molte delle considerazioni, delle analisi e delle prospettive indicate in tale risposta sono da me - e penso anche dal collega Mancuso, nonostante sia un esponente del centrodestra - condivise, in quanto si tratta di orientamenti di politica internazionale che non appartengono all'uno o dall'altro schieramento politico. Su queste tematiche siamo di fronte ad orientamenti che, per fortuna, da molti anni, accomunano quasi tutti gli schieramenti all'interno di questo Parlamento e anche all'interno del Parlamento europeo.

Quindi, da questo punto di vista - proprio perché voglio essere il più sereno e leale possibile -, mi ritengo soddisfatto di questo lato generale contenuto nella risposta. Mi permetta, signor sottosegretario, di non ritenermi invece soddisfatto per quanto riguarda l'occasione specifica e drammatica contenuta nella nostra interpellanza.

Oggi è il 15 gennaio, dunque da circa un mese è ormai terminato il mandato di presidenza italiana dell'Unione europea. Ci troviamo in un'aula non affollata, come accade in questi casi e lo si sa; forse vi è un po' di pubblicità esterna, ci sono i nostri resoconti, ma non credo che questo dibattito possa avere chissà quale risonanza nazionale ed internazionale.

Proprio per tale motivo, per il suo tramite (sebbene lei, sottosegretario Ventucci, non sia responsabile di ciò), questa poteva essere l'occasione in cui il Presidente del Consiglio dei ministri, o chi per lui, si scusasse in qualche modo di fronte al Parlamento e, attraverso di esso, di fronte anche all'Unione europea per un incidente politico, più che diplomatico.

Condivido tutto quello che il sottosegretario Ventucci ha poc'anzi detto sull'opportunità di instaurare rapporti d'amicizia, di solidarietà, di stimolo, di cooperazione, di crescita e di tenere conto della storia drammatica e tragica della Cecenia. Condivido, ripeto, pressoché tutto anche se, forse, avrei usato parole un po' più forti, tenuto conto che non sono un sottosegretario di questo Governo ma un deputato dell'opposizione che, come tale, può permettersi di farlo.

Ciò che è successo lo sciagurato 6 novembre scorso - non mi riferisco, evidentemente, ai colloqui formali e riservati - di fronte all'opinione pubblica internazionale e a centinaia di giornalisti è stato che, ad una domanda formulata da un giornalista di Le Monde, il Presidente del Consiglio italiano (che in quel momento era anche il Presidente del Consiglio europeo), anziché lasciare al Presidente della Federazione russa l'onere di dare conto (come chiedeva il collega Malgieri in una sua interrogazione presentata pochi giorni prima) della terribile situazione in Cecenia in ordine ai diritti umani e della linea che la Federazione russa intende adottare o sta adottando, ha deciso di rispondere lui stesso, ergendosi ad avvocato difensore e facendo addirittura una battuta ironica sulla parcella, negando tutto e sostenendo che si trattava di un'invenzione della stampa internazionale, così come avviene con la stampa italiana che falsifica e manipola le notizie.

Sottosegretario Ventucci, crede che io, i colleghi Filippo Mancuso, Pisicchio e chiunque altro in quest'Assemblea non siamo d'accordo sulla lotta contro il terrorismo? Siamo totalmente d'accordo; lo siamo in Italia e lo siamo anche rispetto alla Cecenia: ma quello spaventoso terrorismo, che non ha giustificazioni, da che cosa nasce?

Ho qui il testo integrale di una risoluzione adottata poche settimane fa dal Parlamento europeo, nella quale c'è molto di quanto lei poc'anzi ha prospettato e che io, ripeto, giudico condivisibile. Tuttavia, in questo documento non si usano le parole che poco fa ho ascoltato nella sua risposta. Più precisamente, debbo rilevare che, se da una parte si usano espressioni come lotta al terrorismo come priorità assoluta ed efferatezza del terrorismo, dall'altra, a proposito della violazione dei diritti umani, relativamente a centinaia di migliaia di persone assassinate e a centinaia di migliaia di profughi, lei ha parlato, invece, di inadeguatezza sotto il profilo dei diritti umani. Sottosegretario Ventucci, credo che lei comprenda lo «scompenso», perfino linguistico, esistente, da una parte, nel condannare le efferatezze del terrorismo, che tutti noi, insieme con lei condanniamo, e dall'altra, quando si ha a che fare con la vita e la morte di centinaia di migliaia di persone di un paese che ha una popolazione di circa due milioni di abitanti (prima erano di più, adesso sono molto meno), nel parlare d'inadeguatezza. Questo è quello che sconcerta!

Riguardo a quest'aspetto, la citata risoluzione del Parlamento europeo - che contiene molte delle cose dette poc'anzi dal sottosegretario Ventucci in ordine al processo politico, alla moralità e ai segnali positivi che a volte emergono -, al punto 13, recita (leggo testualmente): «Il Parlamento europeo ribadisce la propria preoccupazione e la propria ferma condanna dinanzi alle persistenti e ricorrenti violazioni di massa del diritto umanitario e dei diritti dell'uomo commesse ai danni della popolazione civile dalle forze russe; violazioni che costituiscono crimini di guerra e crimini contro l'umanità da indagare e perseguire così come gli attacchi e le violazioni e i rapimenti perpetrati da gruppi paramilitari e da guerriglieri».

Nel Parlamento europeo il partito popolare detiene la maggioranza, se non sbaglio. Suppongo che tale risoluzione sia stata concordata e votata da popolari, socialisti e verdi; si tratta di un documento di compromesso. Il Parlamento europeo fa risuonare parole che, come chiunque comprende, sono adeguate alla portata di quella tragedia, pur condannando con estrema durezza il terrorismo. Non si può parlare di «efferatezza» a proposito del terrorismo e di «inadeguatezza sotto il profilo dei diritti umani» a proposito del genocidio di un popolo!

Questo è forse l'unico momento nel quale mi sono permesso di alzare la voce, non contro il Governo, bensì contro la situazione cecena, non per dileggio o disprezzo, ma per passione verso i diritti umani, i diritti civili, la vita e la morte delle persone.

Quella di oggi - concludo, signor Presidente, e ringrazio lei, il sottosegretario e i colleghi per l'attenzione - poteva essere per il Governo un'occasione nobile (seppure piccola dal punto di vista della risonanza mediatica, che peraltro non cerco) per ammettere che c'è stato un incidente, per darne conto, a distanza di due mesi, al Parlamento, pur ribadendo - e lei lo ha fatto - quella che è una linea strategica europea, comunitaria e italiana. Tale ammissione è mancata, per cui, sotto questo profilo, mi consenta di dichiarare pacatamente la mia e la nostra insoddisfazione.

 

  Marco Boato

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